Dopo le emozioni della prima settimana di quarantena in Corea del Sud, anche la seconda non è stata da meno.

Quarantena in Corea del Sud: Day 8 – Il cibo

Inizia oggi la nostra seconda settimana di quarantena in un hotel di Seoul.

Le uniche sferzate di novità nel nostro quotidiano sono rappresentate dal cibo che ci portano tre volte al giorno, dalla dottoressa che viene a misurarci la febbre e dai messaggi non sempre comprensibili (sennò che gusto ci sarebbe) che passano agli altoparlanti.

Il cibo è abbastanza vario.

Oggi mi è venuto il sospetto che questa settimana possa esserci una ripetizione di quanto mangiato nei giorni precedenti, come se il menù fosse settimanale. Vedremo.

Spessissimo, quasi sempre, c’è riso bianco di accompagnamento.

Il riso è come il pane da noi, non può mai mancare. Poi carne (per lo più) o pesce in varie preparazioni. Verdure.

I dolci a colazione sono un evento raro, per cultura qui si mangia salato al mattino. A volte, lasciamo cibi dai gusti troppo strani o troppo piccanti (il peperoncino la fa da padrone).

Non sapendo bene cosa avremmo trovato, soprattutto pensando a nostro figlio, abbiamo portato una consistente dose di cibo in valigia, che torna utile ogni volta che sente il desiderio di sapori più familiari.

Anche se per fortuna lui assaggia più o meno tutto quello che ci propongono. Le porzioni sono più che sufficienti e in genere il cibo avanza.

Sarà che abbiamo già un briciolo di familiarità con il cibo coreano, ma molto spesso quello che ci portano è più di quello che riusciamo a mangiare.

Bisogna anche dire che, con questa immobilità forzata, non è che si abbia tutta questa fame.

Il mio contapassi pensa di sicuro che sia morta. Se quello che ci portano è cibo che possiamo conservare, considerato anche che abbiamo un piccolo frigo, lo teniamo da parte, nel caso in cui nei pasti successivi non ci sia nulla che ci piace.

Per esempio: in Asia si usa mangiare i pomodorini a colazione, come se fossero frutta. Noi li mettiamo via e li condiamo per pranzo. Abbiamo solo un bollitore e, nel regolamento dell’hotel, è indicato che scaldare cibo lì dentro è vietato.

Da ieri piove ininterrottamente. È la stagione delle piogge. Io spero che si sfoghi ora, per farci trovare bel tempo quando usciremo. 

Quarantena a Seoul, day 9 – Abbrutimento

Se la quarantena di per sé abbrutisce, vi lascio immaginare gli effetti di questa.

Nessuno è autorizzato a entrare nella nostra stanza, quindi per 15 giorni nessuno pulirà la stanza né cambierà la biancheria. Abbiamo tre asciugamani da viso, due accappatoi e due teli e non possiamo chiederne altri.

Volendo, ci forniscono sapone per lavarli. L’ho chiesto alla reception e mi hanno mandato del sapone di Marsiglia. Non mi voglio nemmeno lamentare, perché se cercate su YouTube troverete video di persone che hanno avuto tre asciugamani da viso per tutta la quarantena e nemmeno le lenzuola per il letto.

Per fortuna, al nostro arrivo la camera era pulita, anche perché c’è la moquette e non avrei potuto fare nulla per pulire meglio. Per il bagno mi sono portata le fedelissime salviette disinfettanti della Lisoform e le uso per sanitari e pavimento (non ci viene fornito nulla per pulire).

Sto limitando al minimo il lavaggio dei miei capelli. Un po’ perché con il phon che abbiamo, anche ora che sono corti, ci metto due ore ad asciugarli, ma soprattutto per evitare che i miei capelli vadano in giro ovunque per la stanza (detesto i capelli svolazzanti!).

Morale? Vado in giro con una fascia in testa, struccata, in tuta… un cesso! Oggi è venuto un medico diverso a misurare la febbre, è quello che al nostro arrivo ha controllato il questionario sul nostro stato di salute. Ci ha riconosciuti, ci ha chiesto se andava tutto bene e ci ha salutati con un Ciao.

Dopo 9 giorni di isolamento anche un gesto così semplice ha un sapore speciale. Tra l’altro, oggi, c’è una grande sorpresa a cena: spaghetti al sugo e bruschetta! Anche passabili, tutto considerato.

I maschi, dopo cena, hanno trovato i cartoni dei Pokemon alla tv coreana. Li guardano con interesse tale che sembra che capiscano tutto.

Day 10 – Umore

L’umore in quarantena, lo avrete sperimentato anche voi durante il lockdown, è un’altalena.

Immaginate come possa essere in una camera di 35 metri quadrati, in cui siete chiusi da dieci giorni senza contatti con l’esterno, dividendo lo spazio fisico e mentale con marito e figlio.

Mantenersi sani di mente non è un gioco.

Basta pochissimo per cambiare tutto. Per fortuna abbiamo famiglia e amici in Italia che non smettono mai di farci sentire il loro affetto (mia mamma si mette la sveglia alle 6 così prima di andare a lavoro può giocare un po’ con il nipote su messenger). È una riserva enorme di energia positiva. La cosa che non finisce di sorprendermi è la relativa serenità di nostro figlio in tutto questo.

A volte lo vediamo che non riesce a star fermo, ha questa energia e non sa che farci e come usarla. A parte questo, non si è mai lamentato, non ha mai fatto capricci, ci ha dimostrato una maturità spiazzante

Stamattina io e mio marito ci siamo svegliati entrambi con il mal di testa. Dormire in tre in un letto matrimoniale (non ci hanno dato un lettino aggiuntivo) con due soli cuscini non è il massimo per riposare.

Iniziamo a fare progetti per quando usciremo da qui. Come organizzare i bagagli (che non sono pochi), come adempiere a tutte le richieste della struttura, come organizzare i primi giorni fuori. Tutto questo rappresenta una boccata d’aria, anche con questa dannata finestra che non si può nemmeno aprire. 

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Day 11 – Voglia di libertà

Il post con il diario della nostra prima settimana di quarantena è stato pubblicato ieri e ho ricevuto un sacco di messaggi.

Grazie a tutti per il supporto!

Anche nostro figlio ha ricevuto una e-mail da uno dei suoi più cari amichetti. Abbiamo passato la mattinata al pc a scrivere una risposta in stampatello maiuscolo, raccontando di aerei “per giganti” e water che fanno gli zampilli.

Nel pomeriggio il piccoletto ha diritto a un’ora abbondante di gioco con la Switch (comprata per l’occasione). Lego City Undercover è la sua passione. 

Nel frattempo, sono arrivate le istruzioni per lasciare l’hotel.

Non è possibile farlo liberamente, anche per questo ci sono regole da rispettare. Essendo entrati qui il 23 giugno, possiamo uscire a partire dalle 00:00 del 7 luglio.

Ma se vogliamo andarcene da qui in taxi, possiamo farlo solo a mezzanotte. Se invece vogliamo lasciare la struttura entro le 7 del mattino, possiamo farlo solo con una navetta che ci porterà in aeroporto e da lì prendere un taxi.

Un’altra complicazione abbastanza inutile, ahimè. Domani alle 17 dobbiamo lasciare il modulo compilato fuori dalla porta. Dovremo essere pronti un’ora prima dell’uscita (quindi alle 6) perché passeranno a controllare i passaporti, la nostra temperatura e che nella stanza sia tutto a posto.

I bagagli dovranno essere già pronti per quell’ora. Forse in quell’occasione ci toglieranno l’adesivo rosso che hanno messo sui nostri passaporti in aeroporto, quello che abbiamo chiamato “l’adesivo dei quarantenati”.

Ogni volta mi sembra che ci siano difficoltà ulteriori da affrontare. Per carità, sono piccole cose, ma in questa situazione vi garantisco che anche queste fanno la differenza. Supereremo pure questa! 

quarantena corea del sud seoul

Quarantena in Corea del Sud, day 12 – Facciamo il punto di cosa ci aspetta fuori

La giornata parte con l’ennesima colazione salata: noodle e riso con il cipollotto.

L’unico con abbastanza coraggio da provarli è mio marito. Io e il piccolo ci rifugiamo nelle nostre scorte: cereali e simil caffè in lattina, conservati da una passata colazione per me e panino con la nutella (portati da casa) e succo di mela per il piccolo.

quarantena corea del sud seoul

Iniziamo la mattinata con un po’ di zapping sulla tv coreana, tra programmi di cucina, cartoni animati, programmi per bambini, baseball, pubblicità (soprattutto di giocattoli).

Poi mio marito trova le prove libere di Formula 1. Addio.

Per pranzo abbiamo carne. Di nuovo. Il cibo non è male, ma per me che non amo moltissimo la carne averla pranzo, cena e qualche volta pure a colazione, non è proprio il massimo.

Mangerò riso con le alghe e omurice, che ho scoperto essere deliziosi. Non vedo l’ora di uscire anche per mangiare qualcosa di buono, scegliendolo in libertà.

Durante la quarantena italiana mi lamentavo del troppo cucinare, in questa vorrei poter avere almeno una volta libertà di scelta su uno dei pasti della giornata.

Dalla finestra, vediamo grandi e bambini che fanno il bagno in piscina. C’è una di quelle fontane che salgono dal pavimento e i bambini ci giocano. Mi sento terribilmente in colpa per nostro figlio, che invece da troppo tempo non riesce a godersi delle ore così spensierate.

Immaginiamo sia una giornata afosa, anche se il cielo è velato. Oggi è una di quelle giornate che non finiscono mai.

Provo a iniziare un nuovo libro (Il morso della vipera – Alice Basso), mentre i maschi di casa fanno l’ennesima partita con le carte dei Pokemon.

Il mio Kindle paperwhite è una benedizione. 

Alle 17 mettiamo fuori il modulo con la nostra “scelta” per uscire di qui: usciremo il 7 mattina alle 7 con il bus che ci riporterà in aeroporto. Da lì, prenderemo un taxi fino al nostro residence. 

È tornato il dottore gentile che ci saluta in italiano. Stasera ha addirittura esordito con un Buonasera. Nostro figlio gli ha voluto chiedere una foto insieme e lui si è prestato con grande gentilezza. 

Vista l’assenza di pop corn, guardiamo Il Grinch (tipico film da vedere a luglio), mangiando Kellog’s Frosties conservati da precedenti colazioni. 

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Day 13 – Ultimo sforzo

Seconda (e ultima) domenica di quarantena. In questa strana situazione il tempo ha avuto una battuta di arresto. Mi sembra di essere qui da 6 anni e ogni giorno mi sembra lunghissimo.

Ora che si avvicina la fine della quarantena, il tempo mi sembra ancora più dilatato. Non passa mai.

Anche stamattina colazione salata. Tra l’altro con una specie di porridge fatto con riso, carote… una cosa che non si può affrontare! Mi dispiace per il tanto cibo che va sprecato, buttare cose da mangiare è una cosa che detesto (tanto che a casa mi ritrovo a fare preparazioni assurde, anche solo per non sprecare due uova).

Come per la spazzatura, però, non è una cosa che è in mio potere gestire e quindi mi rassegno. Attingo alle nostre scorte per la colazione.

Iniziando a pensare alle valigie mi sono guardata intorno e ho realizzato che in questi giorni abbiamo accumulato un sacco di roba “che non si sa mai”.

I vassoietti in cui ci portano il riso che tornano utili come piattini, le salviette umide in mono confezioni che ci vengono date a ogni pasto che tornano utili anche per pulire, i contenitori di plastica delle zuppe che sono perfetti per i travasi nella vasca da bagno, ma anche per il tirassegno, i rotoli della carta igienica che ci servono come binocolo…

Tutte cose che abbiamo conservato, nell’idea che potessero tornare utili uno di questi giorni incerti di cui non potevamo prevedere nulla. Adesso sento tutta questa roba un po’ come una zavorra, della quale non vedo l’ora di liberarmi

Con la testa sono già fuori di qui, cerco posti che voglio vedere, penso a cose che voglio provare.

Di sicuro voglio camminare con calma, senza fretta, guardandomi intorno e godendomi la Seoul che mi è tanto mancata. Noto invece che nostro figlio fatica ad immaginarsi il mondo fuori di qui. D’altra parte siamo scesi dall’aereo cotti dalla stanchezza e dal fuso orario. Poi ci hanno portati direttamente qui.

Non è facile immaginarsi che ci sia tanto altro, fuori, ad aspettarci.

Facciamo l’ultimo cruciverba della Settimana Enigmistica, mai sfruttata tanto a fondo in vita mia.

Nostro figlio si cimenta con gli animali geometrici di Burabacio. Abbiamo sostituito la ginnastica (che non voleva più fare) con un mix di salti, calci, pugni… dai quali esce sudato come pochi, ma un po’ più scarico.

Dopo tanti giorni di reclusione la tentazione di piantarsi davanti a uno schermo a fare zapping tutto il giorno è fortissima.

Resistiamo e cerchiamo di portare avanti la nostra routine. Prima di partire ho comprato da Tiger un gioco di carte che si chiama Look&find (somiglia un po’ a Dobble) ed è la nostra passione in questi ultimi giorni di quarantena. Giochiamo a carte anche dopo cena, visto che la connessione internet non ci assiste nella visione di un film.

quarantena corea del sud seoul

Day 14 – Ci siamo quasi

Ultimo giorno di quarantena.

Non mi sembra vero. Metto via il filo per stendere (per fortuna nel residence che abbiamo scelto avremo la lavatrice). Facciamo una pigra colazione chiacchierando di numeri e lettere. Finalmente riesco anche a pensare al motivo di questo viaggio.

Questa quarantena ha distolto ogni attenzione in questi giorni. L’obiettivo è stato di pura sopravvivenza giornaliera. Non lo dico per fare quella drammatica, ma perché in certi giorni l’impegno emotivo è stato importante. 

Day 15 – LIBERI e considerazioni finali

Io, lo dico senza mezzi termini, questa quarantena l’ho odiata.

La privazione della nostra libertà mi è pesata molto, perché il lockdown italiano non era poi così lontano e la mia preoccupazione per come l’avrebbe vissuta nostro figlio era grande.

Forse mi è pesato addirittura di più immaginarla, viste le scarse notizie in merito, che non viverla. Se fosse esistito un modo per aggirarla, e ovviamente ci abbiamo provato, lo avrei fatto. Sono arrabbiata con la rigidità coreana, a causa della quale le norme devono essere rispettate da tutti, anche con i bambini, anche se non sei qui per turismo.

Ma alla fine di tutto, so bene che hanno ragione loro.

Le regole dovrebbero essere per tutti uguali, senza ma e senza se, senza deroghe, senza eccezioni. La rigidità di fronte al covid permette loro di fare una vita nel complesso normale e quindi è giusto così.

Questa quarantena serve a tutelare un’intera nazione che è stata bravissima a contenere un virus così spaventoso e quindi fanno bene a imporla così.

La stessa regola per tutti fa la differenza tra un sistema che funziona e uno che non lo fa. Mi rode da matti aver “perso” questi 14 giorni, ma se non altro mi sono serviti a riappacificarmi con questo Paese che, per un po’ di settimane, ho rischiato di odiare per la sua rigidità.

La Corea è un paese che amo profondamente e a cui sarò eternamente grata.

Di questa riappacificazione avevo immensamente bisogno. Adesso però è tempo di uscire fuori a caccia di avventure indimenticabili!

quarantena corea del sud seoul

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Romana di nascita, sabina di azione, mamma di cuore. I suoi viaggi sono un mix tra il suo animo cittadino e l’amore incondizionato per la natura della mezza mela con cui condivide la vita. “Alla fine però sono venuti dei bei mix”, assicura lei. Chissà se la pensa così anche Lampo, il gatto più viziato del mondo, che li attende con pazienza a casa ogni volta. Anche se di fatto è un avvocato, Francesca dice di non avere ben chiaro cosa vuole fare da grande, ma sarà bene che lo capisca in fretta perché i figli crescono e le Ducati Panigale costano!