Vi svelerò un segreto: la Normandia è bellissima. E ve ne svelerò un altro: non è vero che piove sempre.
Quando la visitiamo noi, la Normandia ci accoglie con un caldo e un sole spiazzanti che fanno decisamente a pugni con i piles nelle nostre valigie, ma che io mi lamenti del bel tempo, per quanto inaspettato, non esiste.
Già il precedente inverno, quando il viaggio in Normandia ha iniziato a prendere forma, sono cominciate anche le letture e le visioni di film sullo sbarco.
Indice
Visitare le spiagge dello sbarco: andare preparati!
Di tutto quello che ho visto e letto, vi consiglio due capolavori imperdibili:
- un classico, Il giorno più lungo di Cornelius Ryan, il primo libro mai scritto sullo sbarco, pieno di aneddoti divertenti, commoventi, eroici e curiosi – episodi avvenuti poco prima, durante e poco dopo lo sbarco stesso;
- il secondo è Band of Brothers, una mini serie TV di una decina di anni fa prodotta da Steven Spielberg e Tom Hanks sulle vicende della Easy Company (ossia la compagnia “E” del 2º Battaglione del 506º Reggimento di Fanteria Paracadutista della 101ª Divisione Aviotrasportata, detta anche le “aquile urlanti” – Screaming Eagles) – vi dico solo che mi è piaciuta talmente tanto che dopo averla presa in prestito in biblioteca, l’ho comprata e l’ho rivista da capo (due volte).
Le spiagge dello sbarco in Normandia.
Dopo tutti i film e le letture, le spiagge dello sbarco in Normandia che mi trovo davanti, non sono quelle che mi ero immaginata: sono grandissime, selvagge, si respira aria di libertà e il mare è di un color cobalto strabiliante – alcune sono addirittura protette come luoghi naturali di riproduzione flora e fauna.
Gli alleati avevano diviso le spiagge dello sbarco in cinque settori, ognuno affidato ad un paese diverso:
Da est verso ovest: Sword Beach affidata a inglesi e francesi, Juno Beach affidata ai canadesi, Gold Beach agli inglesi e Omaha e Utha Beach affidate agli americani.
Seguendo anche noi quest’ordine (arrivando da Est), attraversiamo il Ponte di Normandia e iniziamo la visita da Ouistreham e da Sword Beach.
Tutta la costa normanna, da Merville fino a Quineville (ma anche l’interno, Carentan, St. Mère Église, St. Marie du Mont) è punteggiata di monumenti, lapidi, targhe commemorative, piccoli altari dove sventolano bandiere francesi o americane.
Decine di piccoli musei di ogni tipo (a St. Come du Mont c’è persino quello dedicato alle gesta della Easy Company chiamato Dead Man’s Corner Museum) sorgono in ogni paesino e attirano turisti da tutto il mondo (tantissimi sono americani).
Arromanches-les-bains
La prima sera ci fermiamo a dormire ad Arromanches Les Bains, un paesino bellissimo alla fine di Gold Beach, tipico normanno, pieno di casette a graticcio, di fronte al quale fu creato un porto artificiale galleggiante per permettere lo sbarco dei mezzi pesanti e i cui resti si possono vedere ancora oggi.
Complice la bassa marea si riesce perfino ad arrivare a piedi ad uno di questi pezzi di ponte.
Vi assicuro che è davvero enorme: come abbia fatto a non affondare è, per me, un miracolo della fisica.
Poco all’interno rispetto ad Arromanches-Les-Bains, a dieci minuti di macchina, in mezzo ai campi di grano maturo e illuminate dall’infinito tramonto normanno, ci sono le batterie tedesche di Longues-sur-Mer, visitabili liberamente, che avevano il compito di colpire le navi alleate che si affacciavano per attraccare.
Omaha Beach
Il giorno dopo proseguiamo sempre verso ovest e arriviamo alla famigerata Omaha Beach, detta, dopo il 6 giugno 1944, bloody Omaha perché qui, il giorno del D-day (che i francesi chiamano ostinatamente Jour-J) fu pagato il tributo di vite umane più alto.
Infatti, nelle colline che sovrastano Omaha Beach, nel paesino di Colleville-sur-Mer, c’è il cimitero americano più grande della Normandia (quello in cui sono girate le scene che aprono e chiudono Salvate il Soldato Ryan di Steven Spielberg).
E’ impressionante vedere più di dieci mila croci bianche in file interminabili, che scendono e salgono dalle dolci colline normanne e si stagliano sullo sfondo del mare francese. E’ una visione toccante (e uso un eufemismo).
Dal cimitero di Colleville-Sur-Mer si scende a piedi direttamente a Omaha Beach, attraversando un’oasi naturale che protegge l’ecosistema delle dune.
Omaha è davvero enorme, è difficile rendersi conto della dimensione, anche vedendo le foto.
E’ immensa e silenziosa.
Si sentono il vento, il mare, i gabbiani; un gruppo di cavalli in fila che trottano in lontananza.
Qui, il 6 giugno 1944, morirono oltre un terzo di tutte le vittime (militari e civili) del D-Day.
Utha Beach
Ancora più a ovest, prima di arrivare a Utha Beach, ci fermiamo a Pointe du Hoc, uno sperone di roccia che si getta nel mare da oltre venti metri di altezza, famoso perché sono ancora visibili, anche dal satellite, i crateri lasciati dalle bombe sganciate prima e durante il D-Day: sopra Pointe Du Hoc infatti c’erano delle batterie tedesche, i cui resti sono visitabili ancor oggi, che dovevano assolutamente essere distrutte per permettere lo sbarco.
C’è un bellissimo episodio narrato ne Il giorno più lungo che ha come protagonista un gruppo di Rangers americani che avevano il compito di conquistare Pointe du Hoc e che dovete assolutamente leggere.
Vedere con i miei occhi i luoghi di cui tanto avevo letto durante i mesi invernali di preparazione al viaggio è forse la cosa che mi ha emozionata di più.
Vi dico solo che abbiamo modificato l’itinerario del viaggio in corsa, pur di tornare a Carentan e vedere per bene e con calma i luoghi dell’omonima battaglia raccontata da Spielberg in Band of Brothers, che si chiude con uno dei protagonisti, il Tenente Lipton, che con voce rotta dalla commozione, dice questo:
Tratto da Enrico V di W. Shakespeare:
Da oggi, fino alla fine del mondo, noi saremo ricordati.
Noi, pochi fortunati, noi, Banda di Fratelli.
Perché colui che oggi è con me
e versa il suo sangue sul campo,
egli è mio fratello.
È difficile descrivere le emozioni provate durante la visita alle spiagge dell sbarco in Normandia: combattuta tra la bellezza selvaggia dei luoghi e la crudeltà della guerra, è un posto che non lascia indifferenti.
Lo sbarco visto dal più grande di tutti: Robert Capa
Non posso chiudere un articolo che parli delle spiagge dello sbarco in Normandia senza questa foto.
La lapide che apre il sito dedicato ai reporter di guerra caduti mentre facevano il loro mestiere è un monumento a chi il mestiere di reporter di guerra lo ha inventato: Robert Capa, il più grande dei fotografi, l’unico ad essere sbarcato ad Omaha Beach con la prima ondata di soldati, l’unico ad aver fatto fotografie durante D-Day. Per innamorarvi di quest’uomo leggete come descrive i momenti dello sbarco nella sua autobiografia Leggermente fuori Fuoco – un libro scansonato e ironico, assolutamente imperdibile.
Le spiagge dello sbarco in Normandia per me sono il ricordo di un viaggio on-the-road fatto in un caldissimo luglio che mi ha arricchita tanto e che rifarei domani.
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Siete mai stati a visitare i luoghi dello sbarco? Che emozioni avete provato? Raccontatecelo!
Questo post è stato scritto da:

Francesca
La capa, dalla cui mente è nato Chicks and Trips. Senese di nascita, europea per vocazione, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza e poi l'ha appesa al chiodo sopra la televisione, tanto le stampe come complemento d'arredo vanno di moda. Passa il suo tempo a scrivere atti più o meno pubblici, fare foto e pettinare gatti. Se dovesse andare a Hong Kong, sceglierebbe un volo con scalo a Londra e un tempo di attesa di un paio di giorni, pur di farsi un giro nella città della Regina. Sogna di vincere alla lotteria e passare il resto della vita in un appartamento con camino a Mayfair. Autrice de "I Cassiopei (biografie non autorizzate)" e "Storia di Biagio".
Avevo già visitato questi luoghi e si sono alcuni aspetti mi avevano molto colpito e che vorrei condividere.
In quell’occasione, uscendo dal cimitero di Colleville Sur Mer e allontanandomi dal rumore dei turisti mi sono fermato e ho pensato con sgomento ai sentimenti che devono aver provato tutti coloro che in quel luogo oggi di una bellezza incredibile hanno combattuto e probabilmente sono morti. È difficile per chi non hai visitato quei luoghi, immaginare cosa una persona con due neuroni (ci sono anche quelli che si fanno i selfie abbracciati alle statue dei monumenti) provare. Personalmente sono passato dallo sgomento, all’orrore, e senza retorica alcuna, alla riconoscenza.
Gli americani che arrivando dal mare dentro i mezzi da sbarco ben poco potevano vedere fino al momento in cui si spalancava il portellone e venivano investiti da un fuoco che per nostra fortuna è per noi inimmaginabile nella sua realtà.
I tedeschi che invece all’alba si sono trovati il più grande schieramento navale della storia. Che pur essendo in posizione favorevole devono aver pensato, “salgono, salgono, non si fermano” fino a quando bombe a mano e raffiche di mitra si sono affacciate ai loro bunker. Guardando le colline e l’immensa spiaggia mi sono chiesto cosa possa essere stato peggio, ma mi sono reso conto che non sia esistito un “peggio”, ma solo una comune mostruosità.
Un’altra cosa che mi ha colpito moltissimo è l’aspetto di quello che rimane dei ferri delle armature dei bunker di Pointe du Hoc. Infatti la violenza delle esplosioni è stata talmente forte che ha polverizzato il calcestruzzo mentre i molti ferri che erano all’interno sono stati piegati tutti insieme dallo spostamento dell’aria e dai frammenti di granata come se fossero lunghi capelli al vento. Fa venire la “pelle d’oca”.
Infine, non molti sanno la vera – eroica – storia dei rangers che scalarono Pointe du Hoc dal mare. Infatti quelli che arrivano in cima (se ci andate guardate giù dalla scogliere e immaginate cosa dev’essere stato arrivare dal mare e tirarsi su a braccia mentre da sopra vi sparavano) per distruggere i cannoni scoprirono che… i cannoni non c’erano. Spostati all’interno e sostituiti da simulacri di legno. Si misero a cercare e li trovarono camuffati nella campagna francese. Combatterono strenuamente e molti tra i pochi sopravvissuti all’ascesa della punta, perirono per la loro distruzione in condizioni di assoluta mancanza di supporto. Infatti le successive ondate che erano previste come loro rinforzo, per un errore di navigazione (immaginate la bolgia di un simile momento) finirono sulla spiaggia sbagliata. Quando i rinforzi arrivarono i cannoni erano già distrutti e i superstiti furono davvero pochi. Cosa deve essere stato trovarsi da soli, lontani dallo sbarco principale, e vedere dall’alto i propri rinforzi finire lontani su una spiaggia diversa. Visitare questi luoghi aiuta, credo umilmente, a comprendere almeno in parte.
Ultima nota: fermatevi se potete sia al cimitero americano che in quello tedesco (che consiglio di visitare in quanto riflette in modo esemplare due culture così diverse). Paura, morte e dolore sono uguali per tutti ed entrambi i luoghi credo meritino un pensiero e una preghiera non solo per chi là riposa.
Ho letto della loro storia ne “Il giorno più lungo” ed è una di quelle che mi ha appassionata di più. Grazie di averla scritta per tutti!
Ciao Francesca, ti ho appena fatto i complimenti su di altro articolo, ma sfogliando il sito devo aggiungerne un altro.
Infatti anche le foto sono decisamente belle e appare chiaramente che chi le ha scattate ha fatto molta attenzione a quello che stava facendo pur essendo in vacanza. La composizione, la corretta esposizione, e colori più che belli considerando l’ora probabilmente non ottimale, fanno emergere il tuo blog anche per questo aspetto. Brava!
Grazie mille ancora! Essendo in vacanza, non si può sempre avere la “golden hour” a disposizione, ma si fa il possibile per rendere almeno un millesimo della bellezza dei luoghi!
La storia contemporanea è spesso il mio pane quotidiano e qui luoghi in Normandia sono così scolpiti nel mio cuore da non essere ancora riuscita a scriverne. Vorrei tornare, magari nel prossimo inverno.
Ti capisco benissimo. A volte, quando si conosce bene un luogo, si fa fatica a mettere tutto nero su bianco.
Ci tornerò quest’estate, mio figlio mi ha chiesto espressamente di vedere le spiagge dello sbarco. Il tuo articolo è perfetto come punto di partenza dell’itinerario. Anche le letture che citi ed i film…mi sa che qualcosa lo dovremo vedere prima di andare là. Mi salvo l’articolo. Grazie.
Te li consiglio caldamente, perchè sono tutti molto avvincenti e per niente banali. Adatti anche a un bambino che abbia la capacità di capire certi momenti storici.
I luoghi dello sbarco in Normandia sono nella mia wishlist. Mi sono avvicinata da qualche tempo alla storia della Seconda Guerra Mondiale e credo che tutti noi dovremmo poter avere la possibilità di conoscere questi luoghi per meglio comprendere ciò che fu
La Normandia è un luogo davvero affascinante spero di andarci un giorno facendo un bel tour on the road ☺️
Secondo me è il modo ideale!
Quest’inverno volevo visitare le spiagge prima di prendere il traghetto per l’Inghilterra, ma ho dovuto rinunciare per mancanza di tempo. Dalle tue foto però sembra che sia meglio d’estate. Mi ha sempre incuriosito questo pezzo di Storia e vorrei davvero saperne di più!
Leggi il libro che ho consigliato, te ne innamorerai!
Dev’essere incredibile star distesi li e immaginarsi tutta la scena dello sbarco.
Respirare storia a pieni polmoni..
Non credo alle coincidenze dal 1982. Per cui non credo che sia stato casuale il tweet di questo post il giorno dopo in cui un giornale italiano ha regalato il “Mein Kampf”. Il direttore del quotidiano in questione ha spiegato che lo ha fatto per “far capire”. Forse era sufficiente far leggere queste poche righe, ben scritte, per spiegare a cosa ha portato la follia di un “uomo”. Questo articolo mi ha letteralmente colpito ed emozionato. Gi.
La mamma dei cretini è sempre incinta, come si dice. L’importante è non arrendersi alla stupidità generale 😉